Il 2020 non verrà certamente ricordato come uno degli anni più belli della storia dell’umanità. Tutt’altro. L’avvento della pandemia su scala mondiale ha letteralmente spiazzato istituzioni e singoli cittadini, rivoluzionando, certamente non in chiave positiva, la vita delle persone.
Parole come “distanziamento sociale” e “lockdown” sono diventate tristemente note a tutti i cittadini, che hanno dovuto adottare uno stile di vita consono alla situazione emergenziale in corso. Un’altra parola, però, è diventata di largo utilizzo: “resilienza”, ovvero la capacità di superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.
Le regioni più resilienti alla crisi e quelle che l’hanno subita maggiormente
E gli italiani, in tal senso, ne hanno esibita parecchia. L’esempio più lampante arriva dal mondo delle imprese, che è stato, in alcuni settori, fortemente colpito dalla pandemia. Ebbene, nonostante le restrizioni, le chiusure parziali o totali di aziende e attività per contrastare il propagarsi del virus, il 2020 si è chiuso con un aumento delle imprese presenti nel nostro paese pari a 19316 unità.
Tra le regioni che hanno fatto registrare il balzo più elevato, con un incremento di oltre 6800 imprese, svetta il Lazio, seguito da Campania (+6400), Sicilia (
600), Puglia (+3000) e Lombardia (+2800). A soffrire maggiormente, invece, sono state alcune regioni estremamente importante per il nostro tessuto economico e sociale, che hanno lasciato sul campo un saldo netto negativo.
Basti pensare a Piemonte (-0,23%), Friuli Venezia Giulia (-0,58%), Veneto (-0,38%) e Emilia Romagna (-0,50%), anche se alcune di esse, specie l’ultima citata, stanno dimostrando una forte capacità di ripresa in questo avvio di 2021, nonostante il covid ne abbia condizionato, pesantemente, i primi mesi.
Un risultato straordinario, se si pensa a tutto ciò che avvenuto nello scorso (maledetto) anno bisestile, che testimonia, ancora una volta, come gli italiani diano il meglio di loro stessi nei momenti di grande difficoltà, reagendo con una tenacia e volontà senza eguali nel resto del Vecchio Continente. I momenti di crisi, d’altronde, possono trasformarsi anche in opportunità, sfruttando alcuni aspetti in grado di rendere più semplice l’avvio di un’attività e impresa.
SRLS, la tipologia di società che è cresciuta maggiormente nel 2020
Nell’ultimo anno, ad esempio, è cresciuto esponenzialmente il numero di soggetti che ha aperto una SRLS, acronimo di Società a Responsabilità Limitata Semplice, che consente di avviare un’attività di impresa con dei fortissimi vantaggi rispetto ad altre tipologie di società. Basti pensare, ad esempio, agli aspetti burocratici che questa forma d’impresa consente di bypassare: si può costituire SRLS senza notaio, rivolgendosi direttamente ad un professionista del mondo della consulenza aziendale.
A differenza della SRL, tipologia di società più comune nel nostro paese, la SRLS consente di versare un solo, simbolico, €uro a titolo di capitale sociale, contro i 10000 richiesti per l’avvio di una Società a Responsabilità Limitata. Un grande vantaggio per le nuove generazioni, che, non di rado, decidono di non avviare una propria attività commerciale o di imprese per la mancanza di liquidità o per l’incapacità di poter richiedere un finanziamento.
Non c’è da stupirsi, quindi, se la SRLS sia la forma privilegiata dai soggetti che decidono di avviare una start up, nelle quali rientrano tutte quelle imprese che decidono di aprire la propria attività con un’idea particolarmente innovativa, come avvenuto nell’ultimo decennio soprattutto nel settore tecnologico.
I costi da sostenere quando si decide di aprire una SRLS sono davvero pochi, indubbiamente inferiori all’accensione di qualsiasi altra tipologia di società. Sono quattro, in buona sostanza, gli oneri da dover sostenere: diritti camerali (€.100,00 ca); tassa di vidimazione dei libri sociali (€.310,00 ca.); imposta di registro (€.200,00); acquisto, vidimazione e bollatura dei libri sociali (€.100,00 ca).